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Piani di Settore
 

Cereali - Competitività di filiera

Settore sementiero

Le sementi rappresentano uno dei principali input di produzione delle aziende cerealicole, costituendone allo stesso tempo una garanzia di qualità e tracciabilità del prodotto cereale ottenuto. E' in quest'ottica che, nel Piano di settore cerealicolo, è stata prevista una specifica azione volta all'individuazione delle principali criticità del comparto sementiero in grado di avere delle ripercussioni dirette sulla competitività dell'intero settore cerealicolo. In particolare, tra gli obiettivi specifici dell'azione rientrano: 1. la definizione del contributo dato dalle sementi di cereali ai costi di produzione sostenuti dalle imprese cerealicole; 2. l'approfondimento del livello di competizione esistente nel mercato delle sementi cerealicole ed i suoi riflessi sulla competitività dell'intero settore cerealicolo; 3. l'individuazione dei problemi aperti e delle nuove sfide alle quali è soggetto il settore sementiero, al fine di tenerne conto nell'elaborazione di proposte di sostegno per il settore cerealicolo.

 

Principali risultati dell'analisi

Nel 2013 la produzione di sementi certificate di cereali risulta pari a 466.282 tonnellate (CRA-SCS), con un aumento del 14% rispetto al 2012, dovuto alla variazione positiva registrata dalle sementi di orzo (+34%), frumento duro (+23%), frumento tenero (+12%) e altri cereali (+65%). La variazione positiva delle sementi di frumento duro rappresenta una interruzione rispetto a quanto avvenuto nel periodo 2008-2010, quando la produzione è calata di continuo per effetto dell'eliminazione dell'obbligo di dichiarazione di acquisto di semente certificata previsto per l'accesso al premio comunitario supplementare (art. 68 del reg. 73/2009), poi reintrodotto nel 2012 per le sole campagne agrarie 2012/2013 e 2013/2014.

Le sementi di frumento duro costituiscono la componente più importante della produzione sementiera cerealicola certificata italiana pari, nel periodo 2008-2013, al 48% del totale seguita dalla produzione di sementi di frumento tenero (26%), di riso (11%), di orzo (7%) e di mais (6%).

L'analisi del mercato delle sementi evidenzia la presenza di una forte concentrazione del mercato finale di vendita di questi prodotti. Le informazioni disponibili sui produttori di sementi mostrano che 10 aziende controllano complessivamente più del 50% della produzione mondiale e, attraverso la fissazione dei prezzi, sono in grado di incidere sui costi di produzione sostenuti dalle imprese. In Italia, in particolare, il 28% delle ditte sementiere realizza il 78% della produzione di sementi cerealicole. Nel periodo 2010-2012 le sementi costituiscono circa il 20% dei costi variabili sostenuti dalle imprese del settore cerealicolo, come risulta dall'indagine condotta sulle aziende della rete contabile agricola (RICA) dell'INEA.

L'analisi evidenzia che la spesa per le sementi rappresenta il 24% dei costi variabili delle aziende di frumento tenero, il 21% per quelle operanti nel comparto dell'orzo ed il 23% per le aziende specializzate nella produzione di mais. Nel comparto del frumento duro, invece, le sementi rappresentano solo l'11% dei costi variabili complessivi. La bassa incidenza delle sementi sui costi variabili per queste aziende è compensata dall'importanza assunta dai reimpieghi pari, in media (2010-2012), al 25% del totale. Questo elemento è da tenere in considerazione visto che tra i reimpieghi sono incluse anche le sementi autoprodotte che danno luogo a risultati, in termini di resa e qualitativi, diversi da quelli ottenibili con l'impiego di sementi certificate. Infatti, dal lavoro svolto risulta che le aziende specializzate in frumento duro mostrano una più bassa redditività rispetto a quelle che utilizzano maggiormente semente certificata.

A questo riguardo tra i principali elementi critici emersi dalle interviste condotte alle associazioni sementiere, risultano anche la presenza di un importante commercio illegale di sementi cerealicole, in particolare di frumento duro, che vengono vendute ad un prezzo più basso di quelle commercializzate legalmente. L'impiego di sementi non certificate mette a rischio la qualità della produzione cerealicola ottenuta, con danno sia per le ditte sementiere che per le aziende cerealicole che si approvvigionano sul mercato legale. In tal senso maggiori controlli e un inasprimento delle sanzioni, anche a carico degli agricoltori, permetterebbe di frenare il fenomeno del commercio illegale delle sementi e di concorrenza sleale tra le aziende cerealicole. Un ulteriore elemento critico, risultante dalle interviste alle associazioni sementiere, è costituito dalla carenza di risorse investite in ricerca e sviluppo che mina la capacità delle ditte sementiere di competere sul mercato. L'introduzione di nuovi sistemi di reperimento delle risorse, quale ad esempio il modello francese basato sul contributo volontario alla ricerca da parte della produzione agricola commercializzata, potrebbe, in parte, risolvere il problema della scarsità di risorse destinate alla ricerca di base. Ciò unitamente alla promozione di una ricerca pubblica applicata che coinvolga maggiormente le ditte sementiere, in maniera tale da permettere di sviluppare varietà più rispondenti alle necessità della produzione agricola e della trasformazione.